Visita al Castello di Poppi

Sabato 27 ottobre, in una giornata autunnale di sole e vento, nella splendida e suggestiva cornice del Castello dei Conti Guidi di Poppi, abbiamo visitato la mostra “Nel segno di Leonardo”, con la guida autorevole della Professoressa Alberta Piroci Branciaroli, componente del Comitato Scientifico e curatrice del Catalogo della Mostra.

L’evento espositivo è centrato sulla Tavola Doria, che raffigura la parte centrale della Battaglia di Anghiari , copia della perduta pittura murale che Leonardo iniziò per una parete del Salone dei Cinquecento in Palazzo della Signoria.

L’opera, attribuita per secoli a Leonardo, è attribuita oggi dagli studiosi ad un pittore del secondo Cinquecento; il Prof. Waldman Louis dell’Università di Austin (Texas) su base stilistica attribuisce l’importante opera d’arte a Francesco Morandini detto il Poppi (così chiamato per il suo luogo di origine), artista che avrebbe copiato l’opera da ciò che rimaneva della pittura su muro oppure dal cartone di Leonardo.

La Tavola, notificata nel 1939, ha fatto parte delle collezioni d’arte della famiglia Doria del ramo napoletano  e proprio da Napoli  è stata esportata all’estero nel secondo dopoguerra.

L’opera, passata da antiquari e collezionisti d’America e d’Europa, è stata infine venduta da un antiquario giapponese al Fuji Museum di Tokyo e custodita in un caveau di Ginevra. Dopo settanta anni di clandestinità, al termine di una lunga battaglia legale internazionale, nel 2012 l’opera è rientrata in Italia, recuperata dal Comando Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, con successiva sottoscrizione di un accordo di cooperazione internazionale che prevede per ventisei anni un’alternanza espositiva tra i due Paesi (due anni in Italia si alterneranno a quattro anni di esposizione in Giappone); al termine del periodo di ventisei anni l’opera resterà permanentemente in Italia.

 

Al primo rientro in Italia, nel 2012, la Tavola, allora attribuita a Leonardo,  è stata esposta alle Scuderie del Quirinale. A seguito della nuova attribuzione al Poppi, allievo a Firenze del Vasari e suo giovane collaboratore nel Salone dei Cinquecento, la mostra suggerisce la visita delle chiese per le quali il pittore aveva dipinto varie opere.

Ci siamo dunque recati nella Badia Vallombrosana di San Fedele, dove abbiamo potuto ammirare la prima opera commissionata all’artista per il suo paese di origine; l’opera, realizzata nell’anno 1575, raffigura “Il supplizio di San Giovanni Evangelista” che Morandini eseguì per l’altare dei coniugi Torello Lapucci e Caterina Caietani ed è forse l’opera più enigmatica del pittore originario di Poppi, poiché in essa si trovano l’autoritratto dell’artista allora trentunenne, nonchè simboli alchemici che rimandano alla formazione dell’autore presso il Granduca Francesco I ed all’esperienza maturata nella realizzazione dello Studiolo di Palazzo della Signoria. Una figura enigmatica (Sapienza?) completa l’altare, che nel suo complesso necessita di ulteriori ricerche, studi ed approfondimenti.

Dopo un pranzo a base di specialità toscane, ci siamo recati presso il Monastero dell’Annunziata, ove erano monache di clausura due sorelle dell’artista; abbiamo quindi ammirato l’ultima opera che Morandini realizzò nel 1588 per la Chiesa della Santissima Annunziata del Monastero. La pala d’altare raffigura nella parte centrale una Annunciazione e nei due laterali Sant’Agostino vescovo di Ippona (essendo il Monastero sotto la di lui Regola) e Papa Silvestro I (al quale era dedicato un oratorio che venne nel Cinquecento incorporato nel Monastero).

La Professoressa ha sottolineato che l’iconografia della pala centrale presenta delle particolarità iconografiche degne di nota, poiché non si conosce un’altra Annunziata che sia anche incoronata con ghirlande di fiori da angioletti, ad eccezione del bassorilievo del Chiostro del Monastero di Santo Domingo di Silos, del secolo XI-XII; fanno da sfondo alla scena sacra angeli musicanti che presentano una serie di strumenti a fiato e a corde tipici della seconda metà del Cinquecento, elementi che fanno chiaro riferimento al Trattato “De Musica” di Sant’Agostino.

Restaurata per la Mostra, l’opera, di splendida fattura e di straordinario interesse iconografico e simbolico, presenta la sigla toponimica delle tre PPP  (Poppi) con la quale il pittore firmava alcune delle sue più importanti opere.

Ci salutiamo al termine della bella giornata con il proposito di ritornare presto in Casentino.

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