L’ereditarietà di status socioeconomico delle famiglie fiorentine

Giovedì 7 Aprile presso Villa Viviani il nostro club ha organizzato una interessante conferenza dal titolo “Antenati. L’ereditarietà di status socioeconomico delle famiglie fiorentine nel lungo periodo“, relatrice la Professoressa Letizia Pagliai, del Dipartimento di Management dell’Università di Torino.

“Poco cambia in 700 anni nella composizione delle famiglie fiorentine, fra chi è ricco e chi non lo è. Ciò contraddice il saggio del 1986 di Becker e Nigel. Lo straordinario dato su Firenze ci è stato fornito da uno studio di Bankitalia del 2016 (gli autori sono Mocetti e Barone) ed implica che c’è molta meno mobilità economica nel lungo periodo di quanto le cifre a breve termine farebbero credere. Perché questo dato ci deve interessare? Perché lo studiamo? Molti ritengono auspicabile un’elevata mobilità, come segno di una società che tende all’uguaglianza delle opportunità. La mobilità intergenerazionale non ha conseguenze solo in termini di equità ma anche di efficienza: se le posizioni sociali sono in qualche modo predefinite, si affievoliscono gli incentivi all’investimento in capitale umano e si osservano sprechi nell’allocazione delle risorse, ovvero nelle posizioni occupate da individui dotati ma privi di occasioni di ascesa sociale. Un quesito rilevante è se l’influenza delle condizioni familiari di origine si limiti a una generazione. Il lavoro di Bankitalia stima invece l’elasticità intergenerazionale su di un orizzonte temporale molto lungo (quasi 700 anni, circa 20 generazioni, di poco meno di 30 anni ciascuna).” – si legge nella relazione della professoressa Pagliai.

Il Catasto Fiorentino è uno dei più importanti e basilari documenti per la storia sociale di Firenze nel Rinascimento, in quanto fornisce significative informazioni sulla maggior parte degli abitanti della città. Sono state comparate, dunque, le portate cioè le dichiarazioni fiscali dei contribuenti del 1427 con le dichiarazioni dei redditi dei fiorentini del 2011.

Letizia Pagliai

“Il punto importante, rispetto alle altre città italiane, è che le “famiglie” di lunga tradizione patrimoniale sono ben rappresentate in istituzioni finanziarie, bancarie, e/o private laiche e secolari come la Misericordia oppure i Buonomini di S. Marino. La peculiarità del sistema fiorentino è data da una serie di fattori storici in una dialettica continua fra terra (campagna) e gli affari (città: commerci e finanza). La loro vita stessa fu divisa fra equamente fra il tempo trascorso negli uffici di città e nella campagna. La fattoria contadina (il podere) è una piccola azienda, un’unità produttiva; in quanto alla tenuta, essa è un polo (con la cantina, il frantoio, la falegnameria ecc.) per organizzare tutte le fattorie. Si tratta di un vero e proprio factory system, sotto il vincolo istituzionale mezzadrile, un genere di contratto che ebbe una ricaduta sulla struttura sociale, promuovendo all’epoca la coesione sociale e la qualità della vita.” – prosegue Pagliai.

Il secondo elemento da tenere in considerazione per dare una spiegazione ai dati sulla mobilità intergenerazionale di Firenze è quello del fidecommesso. Un istituto originato dal Diritto romano che in Toscana sopravvisse alla sua ufficiale abolizione del 1865. Si trattava di un espediente per aggirare le norme che escludevano in tutto o in parte dalla successione certe categorie di persone, ad esempio le donne. Attraverso il fidecommesso il testatore istituiva erede un soggetto determinato con l’obbligo di conservare i beni ricevuti, che alla sua morte sarebbero andati automaticamente ad un soggetto indicato dal testatore stesso. Si ritiene che il fedecommesso sia uno dei precursori del Trust, istituto giuridico caratteristico dei paesi di Common Law, e l’analisi delle odierne scelte finanziarie delle “famiglie” fiorentine tendono a confermare queste scelte, ispirate ad una consuetudine di 700 anni fa

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