Il marito del presidente

Come ho affiancato mia moglie in qualità di First Gentleman

Joachim, Philip: vi dicono nulla questi nomi? Neanche a me, e per trovarli li ho cercati con i nomi dei coniugi, vale a dire Angela e Theresa, rispettivamente capi di governo di Germania e Gran Bretagna. Angela non usa il cognome di Joachim, che è Sauer, ma quello del primo marito; mentre May è il cognome di Philip.

First Gentleman, First Man o Consort oppure President So-and-so? Non è ben chiaro quale sia l’equivalente della First Lady. A proposito, io preferisco dire «ministro» o «sindaco» anche se la carica è occupata da una donna, non so come la pensiate voi, d’altra parte ho un caro amico che di professione fa il pediatra e non mi sono mai sognato di dire che Alberto è un «pediatro». Ma sto divagando. Torniamo a Joachim e Philip. Avevo cercato notizie anche di Sir Denis Thatcher, ma poi ho pensato che lo stile Thatcher appartenga ad un tempo passato per i paragoni con un moderno presidente, così come ho pensato che l’altra Elisabetta, la Seconda, sia un po’ troppo anziana.

La caratteristica che accomuna questi mariti è la discrezione: mai una foto in cui appaiano accanto alle rispettive signore, non dico nell’atteggiamento confi denziale che spesso è d’uso fra coniugi, no: proprio non compaiono. È molto più facile che compaia la moglie a fi anco di un marito che riveste una carica, ad esempio la presidenza di un club, piuttosto che la situazione inversa.

Non so bene come mai, anche perché io ho affi ancato Elisabetta nei suoi impegni formali legati alla presidenza ogni volta che ho potuto; forse può essere d’impaccio la posizione un po’ defi lata, quell’essere un passo indietro rispetto al presidente che occupa il centro della scena, mentre stringe mani o porge la guancia per il rituale bacio di saluto. Certo, un bel passo in avanti rispetto a quei club in cui, mi dicono, le donne non sono ammesse o lo sono state da poco tempo.

L a situazione però presenta anche degli indiscutibili vantaggi per il coniuge accompagnatore: sei fra i primi ad essere servito durante le cene, è facile essere presi in considerazione dai camerieri e non devi sforzarti per tenere la situazione sotto controllo o cercare di dire qualcosa che sembri intelligente, crucci tipicamente presidenziali; devi solo tenere la conversazione con un unico commensale. Il tuo posto di regola è l’ultimo della fi la quindi da un lato non ci sarà nessuno: naturalmente questo rende più facile alzarsi e sgranchirsi le gambe quando la serata si allunga.

La presidenza invece non ha cambiato i nostri ritmi familiari, sia per me che per nostro fi glio Gherardo, che rimanda la conquista dell’indipendenza dai vincoli casalinghi subodorando forse le continue trappole della gestione autonoma di una casa; la presidenza familiare infatti era già da sempre nelle salde mani di Elisabetta. Niccolò invece, l’altro fi glio, già da tempo risiede stabilmente all’estero, ma io non vedo legami tra questi aspetti. Un cambiamento importante in quell’anno di presidenza, per le sue implicazioni, potrei dire sia stata la variazione della tariffa del telefono: da una a consumo siamo passati ad una fi ssa, era infatti continuo l’uso del cellulare e da allora Elisabetta adopera gli auricolari per poter fare altre cose durante le conversazioni.

Vi lascio con una rivelazione: nel curriculum di Elisabetta esisteva già una presidenza. Per anni è stata il presidente di una società sportiva, un club di basket a Fiesole, regolarmente affi liato alla federazione italiana della pallacanestro. Non conquistò il Paul Harris fellow, ma una splendida promozione sul campo, vincendo il campionato!

Giuseppe Di Pietro

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